Ercole Caputi
Nacque a Zungoli l’11 agosto 1850. Suo padre Francesco, “galantuomo”, fu a più riprese sindaco del paese irpino, sua madre Clementina Rossi proveniva da una agiata famiglia di Anzano di Puglia.
Laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Napoli, preferì dedicarsi alla dimensione politica, ottenendo l’elezione a consigliere provinciale del mandamento di Flumeri nel 1889.
Condusse parallelamente una attività di livello nazionale, sedendo in Parlamento dal 1905 al 1921 in qualità di deputato filogovernativo del Regno d’Italia. In particolare si contrappose nel collegio di Ariano al direttore della Scuola di applicazione degli ingegneri di Napoli, Gaetano Bruno, durante le elezioni politiche del 1905 e del 1909 ed al socialista Oreste Franza in quelle del 1913. Risultò infine tra i sette irpini eletti in Parlamento in occasione delle elezioni del 1919, figurando nella lista liberal-moderata. La sua esperienza parlamentare si concluse nel 1921 a causa del termine anticipato della XXV legislatura: sua la scelta di non ricandidarsi, probabilmente per alcuni problemi di salute.
Durante i sedici anni trascorsi presso la Camera dei deputati non si registrarono suoi interventi ufficiali, eccezion fatta per tre interrogazioni su questioni di stampo locale (l’apposizione del titolo “regio” al ginnasio di Ariano, il consolidamento di un tratto della strada nazionale 54, l’ampliamento della stazione ferroviaria Savignano-Greci) e per un concitato confronto con il deputato socialista Oddo Morgari, risalente al 21 dicembre 1907, quando quest’ultimo relazionò in difesa dei giudici del Tribunale di Ariano, Martino e Palma, bollati come faziosi da C. in una precedente interrogazione parlamentare.
Ritiratosi dalla politica attiva, si orientò su posizioni filofasciste, raccogliendo non a caso il pubblico cordoglio del regime alla propria morte. “L’Irpinia fascista” nei suoi riguardi scrisse: “Assiduo, diligente, perspicace […] diede tutto se stesso all’amministrazione della Provincia”.
Morì a Zungoli il 30 settembre 1926.
Carmine Venezia
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