Rodolfo D’Afflitto

Nacque il 19 marzo 1809 ad Ariano di Puglia (oggi Ariano Irpino) da Pantaleone e Luisa d’Evoli dei duchi di Castropignano. Apparteneva, sia per parte paterna che materna, all’antica nobiltà terriera del Regno di Napoli. Sposò Giulia Pandola, proveniente da una famiglia di proprietari terrieri irpini (per la precisione, di Lauro) ed ebbe tre figli.
D., dopo aver studiato giurisprudenza, intraprese un percorso da funzionario di carriera nell’amministrazione dello Stato. Fu nominato, nel 1834, relatore presso la Consulta di Stato di Napoli. Dopo alcuni anni (1844) passò nell’amministrazione territoriale dipendente dall’Interno, e venne nominato sott’intendente, prima a Cefalù, poi a Bovino. Nel 1848 era segretario d’intendenza a Potenza; fu quindi ad Avellino ed a Napoli.
Negli anni successivi manifestò tendenze liberali, dissociandosi dalla repressione seguita alla sanguinosa chiusura dell’esperienza costituzionale; sul finire degli anni cinquanta fu vicino al gruppo antiborbonico e liberale autodenominatosi “Comitato dell’ordine”. In seguito, chiamatovi dal re, D. prese parte ad alcune delle estreme iniziative istituzionali prese dalla monarchia borbonica nel tentativo di attuare una svolta in senso costituzionale e liberale; ciononostante, dopo l’ingresso di Garibaldi a Napoli, si schierò apertamente con la fazione favorevole all’unificazione sotto l’egida del Regno di Sardegna. Partecipò all’esperienza del governo provvisorio come ministro dei Lavori pubblici; continuò ad occuparsi di questi temi come consigliere di Luogotenenza sotto Luigi Carlo Farini; gli venne poi data anche la delega agli Interni.
Indette per la fine di gennaio 1861 le nuove elezioni, presentò la propria candidatura alla Camera nel collegio di Bovino; pur venendo eletto, rinunziò perché era stato nel frattempo nominato senatore.
Dagli atti parlamentari risulta che, nonostante la nomina a vice presidente del Senato (ricoprì quest’incarico dal 1867 al 1871), la sua attività alla Camera alta fu scarsa. La sua vita pubblica si svolse fuori dall’aula di palazzo Madama, e principalmente nei ranghi apicali dell’amministrazione dell’Interno.
Nell’aprile del ’61 era nominato governatore di Napoli, ma si dimise appena a luglio; fu quindi prefetto a Genova. All’inizio del 1863 venne nuovamente spedito a Napoli. Nell’anno e mezzo in cui tenne la carica, la sua azione fu controversa. La Marmora, divenuto presidente del Consiglio (settembre 1864), lo sostituì con un magistrato di carriera piemontese di sua fiducia, Paolo Onorato Vigliani.
D. ritornò però ancora una volta a Napoli da prefetto, cinque anni dopo (dall’ottobre 1869) e questa volta rimase in carica fino alla morte, avvenuta il 26 luglio 1872 per un colpo apoplettico. Nel frattempo non si era tenuto lontano dall’ambiente della ex capitale delle Due Sicilie: fu, infatti, consigliere provinciale e consigliere comunale nel 1865 e ancora nel 1868.

Giulio Stolfi

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